giovedì 27 settembre 2007

Masturbazione anale

Nel suo lavoro “Carattere ed erotismo anale” (1908) Sigmund Freud dice di descrivere delle “persone” che hanno particolari caratteristiche:
- ordinate = che comprende la nozione di pulizia corporale, di fidatezza, di coscienziosità nell’eseguire compiti e doveri;
- parsimoniose = che specchia di avarizia, ma comprende anche gli aspetti di oculatezza, autocontrollo, particolare coscienziosità nell’uso del denaro;
- ostinate = che porta a non cedere mai, ma anche un certo spirito vendicativo e ritorsivo.
Queste persone, dalla sua descrizione, hanno dimostrato, nella loro vita infantile, un lungo periodo di incontinentia alvi: riferita al trattenimento fecale, cioè il rifiuto a svuotare l’intestino, stimolo che porta ad un piacere sussidiario.
Da questo viene riferita una “costituzione sessuale” nella quale l’erogeneità è eccezionalmente forte”.
Da tali osservazioni è nata l’idea di un “carattere anale” e di una “personalità ossessivo-compulsiva” che, spostando il desiderio intimo nel trattenere, non cedere, utilizzare queste modalità per “castigare, punire l’Altro al quale non si vuole cedere la parte migliore di sé”.
Queste particolari caratteristiche non vengono evidenziate come legate alle deviazioni del desiderio sessuale; non si tratta quindi di una problematica relazionata con l’omosessualità, anche se spesso suscita questo tipo di preoccupazione.
Se questa è stata la lettura di Freud, ben diversa però è la situazione che molto spesso si trova nella pratica clinica.
A titolo paradigmatico, possiamo riportare alcune dichiarazioni riferite alla masturbazione anale, che sono particolarmente interessanti.


*
… vorrei svelare il mio piccolo segreto personale e chiedere se c'è qualche altra persona maschio o femmina che come a me piace la masturbazione anale. Mi spiego meglio. Premetto già che sebbene sia sposato e abbia una vita sessuale regolare con la mia partner, molto spesso desidero masturbarmi e se ne ho la possibilità adoro moltissimo sentirmi l'ano dilatato da qualcosa. Addirittura molto spesso, se ho un po’ di tempo, cerco di dilatarlo più che posso, al limite del dolore e del piacere, sino a raggiungere un orgasmo veramente straordinario.

*
Non è un fatto eccezionale, molti uomini ho già detto in una precedente risposta hanno grande sensibilità anale. Qualche volta tale preferenza l'ho ascoltata in maschi adulti e regolarmente sposati che in giovane età avevano vissuto esperienze omosessuali con coetanei. Spesso anche nei rapporti di coppia vengono effettuati giochi erotici con la zona anale del partner. La definirei una paranormalità....non andrei a scavare più in fondo. Comunque non sei il solo.

*
… pure io adoro masturbarmi analmente (sono una ragazza), con oggetti qualsiasi. Ma al momento di affrontare una penetrazione anale con il mio ragazzo mi blocco e non riesco proprio ad andare avanti, anche se usa solo un dito!! Non riesco a spiegarmi il perché dal momento che adoro farlo da sola e che mi fa provare delle sensazioni meravigliose.


*
… salve, non siete soli! anche a me piace stimolarmi analmente. A farmi scoprire il piacere della masturbazione anale é stata mia moglie "Athea" e il tutto é iniziato dal fatto "se piace a tè perché non farlo anch'io?”
Siamo sposati da anni e quando stimolo la vagina con il dito mi piace inserire anche l'altro dito nell'ano; di conseguenza anche lei quando mi stimola, sia con la mano che con il sesso orale, mi stimola col dito (certe volte anche due) l'ano, e devo ammettere che e una bellissima sensazione, anche se le prime volte mi ha dato un certo fastidio, lo stesso che ha provato lei durante i primi rapporti anali. Comunque non mi sono mai autostimolato analmente, piuttosto mi eccito tanto e raggiungo anche l'orgasmo quando sto lontano da Lei ( per me e semplicemente una Dea) e vedo le sue foto e filmati vari al computer inviati tramite posta elettronica.-

*
Suppongo sia normale sottolineare, ogni volta, la propria NON omosessualità, quando si affrontano determinati argomenti... e tuttavia, è ormai ampiamente dimostrato che la stimolazione dell'ano maschile provochi piacere.Inizialmente provai molta vergogna nell'affrontare l'argomento con la mia ex compagna ma... lei si dimostrò più curiosa di me e tutto andò bene e presto fu lei stessa a prendere l'iniziativa, cosa che mi piacque ancor di più!
Da single quale sono oggi, mi capita assai spesso di cercare l'orgasmo anche attraverso la penetrazione anale. Spero che la persona con cui inizierò la prossima relazione sia altrettanto "aperta" in questo senso...


*
Sono un ragazzo a cui piacciono tantissimo le donne. Anche a me piace molto masturbarmi analmente. E' un vero sballo provare i piaceri anali. E non dico tutte le sere, ma quando posso la sera mi chiudo in camera e mi masturbo l'ano con un enorme "suppostone" che mi fa gooodere da matti. È un piacere indescrivibile, da provare e tutto da scoprire. Consiglio a uomini e donne, che si sentano portati, di provare. Se volete possiamo scambiare consigli sulle tecniche del come masturbarci: oggetti e posizioni. L'invito è rivolto a uomini e donne. Saluti


*
… io penso non ci si dovrebbero fare problemi circa l'eticità della masturbazione anale, e soprattutto non capisco per quale motivo tutti debbano partire dicendo "pratico la masturbazione anale ma assolutamente non sono un omosessuale"... perché per farlo occorre essere omosessuali???


*
È nata come curiosità ... mia moglie viene REGOLARMENTE con la penetrazione anale (credo che molto sia dovuto al grado di eccitazione). La domanda sorge poi spontanea "PERCHÉ IO NO?". Come molti di voi sicuramente sono cominciate le paranoie del tipo "e se sotto sotto sono omosessuale???" Naaaaaa pensarmi abbracciato ad un uomo ... BRRRRRRR.
Però la curiosità è rimasta ... ho provato ma quello che mi ha bloccato è stata quella sensazione di FASTIDIO iniziale ... "no no ... con me non funziona".
Eppure l'eccitazione che mi provoca solo l'idea di toccarmi dietro .... CONTINUA!
Mi devo rassegnare perché non fa per me o è solo questione di ... provare?

In queste dichiarazioni si evidenziano:
- il desiderio che sorge nel maschio sia durante la pratica onanistica che nelle “fantasie erotiche” che accompagnano la pratica sessuale con l’altro sesso;
- desideri “anali” che si caratterizzano dal piacere di “… percepire una ripienezza della ampolla rettale”;
- una eccitazione erotica che conduce ad un orgasmo che viene riferito come particolarmente intenso, mescolato a “dolore”, ma più forte di quello provocato dalla manipolazione del pene;
- una eccitazione che è presente (richiesta) anche dalla donna nella pratica erotica e che non vuol dire sempre “… desiderio di essere penetrata dal partner” se non di sentire piacere da rievocare qualcosa (dita o oggetti) che danno sensazioni di “ripienezza”.

Sembra anche che questa pratica nell’uomo vada ad esaurirsi, nel senso che è presente in un certo periodo della vita erotica (precoce nella adolescenza o anche tardiva nell’età adulta e, forse soprattutto, nell’età senile quando si riduce la potenza sessuale).
L’erotismo anale non è quindi solo quello descritto da Freud e legato a sensazioni di tipo fecale, ma un vero desiderio di provocare una eccitazione (forte e poderosa) ed anche l’orgasmo, attraverso lo sfregamento (dilatazione) dello sfintere anale e l’induzione di una ripienezza dell’ampolla rettale.
Nella maggior parte dei racconti clinici, i soggetti (per lo più gli uomini) riportano un particolare “piacere” nel quale viene percepito un forte senso di “contrazione orgasmica della zona anale”, molto diversa da quella percepita alla radice del pene nel momento dell’orgasmo, si tratterebbe di due meccanismi completamente diversi che spesso vengono riportati come “sovrapponibili” e concomitanti: da qui il particolare senso di piacere percepito nel “orgasmo anale”
Questo sembrerebbe caratteristico dell’uomo e non così evidente nella donna (che non ne fa segno).

Decisamente diverso è il “senso di ripienezza anale” descritto come sensazione irrefrenabile di sentire qualcosa che penetra, ma riempie, come se venisse percepito un senso di vuoto ed un desiderio di sentirlo colmare.Queste sensazioni riportate dai maschi, farebbero pensare ad un “desiderio omosessuale”, ma non può essere pensato in questo senso, proprio perché queste persone non raccontano mai esperienze simili, né anteriori, né posteriori ad periodo nel quale questa attività è stata presente.

lunedì 3 settembre 2007

Adolescenza – malessere – disagio:imposizione di una rinuncia.

Il malessere nella cultura, come lo ha chiamato Freud, sembra, negli ultimi anni, trasformarsi in malessere verso le modificazioni psico-affettive imposte non dal Ideale Sociale o Super-Io (innestato nell’Io-ideale come identificazione con l’oggetto privilegiato e di riferimento), ma dalle necessità dello sviluppo psico-affettivo.
L’interiezione timologica ha portato a prendere in considerazione le molte e pregnanti questioni degli affetti, dei valori e, quindi, del rapporto equilibrato ed “ecologico” con l’Altro e, proprio per questo, a prendere in considerazione (potremmo dire “finalmente”) le funzioni affettive, mettendo quasi in secondo piano quelle cognitive.
Queste considerazioni non fanno dimenticare le problematiche dello sviluppo in relazione con l’oggetto genitoriale ed ance con la funzione “Nome del Padre” e con quelle dinamiche che rispecchiano il “Ruolo paterno” che condizione fortemente le problematiche edipiche.
Le cause sono molteplici, dal momento che prendono spunto dalla psicoanalisi, dalla sociologia e dalle problematiche utilitaristiche che investono i comportamenti dei genitori, ma il risultato da tutti riconosciuto è che la figura del Padre ha perso, nella società d’oggi, importanza, significazione e pregnanza.
Purtroppo il padre, in una percentuale molto elevata di casi, si limita ad essere colui che pensa al sostegno economico della famiglia (nell’attualità anche questo ruolo è spesso perduto proprio perché un solo stipendio non basta più ed è la moglie che dà un valido contributo), lasciando quasi del tutto l’onere educativo alla “madre”.
Il padre ha perso anche una valenza di centralità proprio perché ormai i figli fanno maggior riferimento ai maestri, ai compagni, agli amici e, per quanto riguarda una sorta di crescita culturale, all’informazione mediatica ed alla utilizzazione dei programmi di scambio attuati in Internet.
Non indifferente è anche il problema della dissoluzione della coppia che, oltre ad essere sempre più frequente, porta ad un ulteriore allontanamento dal tradizionale ruolo paterno.
Questo è sempre stato di tipo maschilista-impositivo e, solo negli ultimi anni, si è potuto dimostrare quanto sia importante la presenza del padre per creare le basi di un equilibrio psico-affettivo dei figli e, soprattutto, per immettere i giovani nelle dinamiche affettive e della socializzazione attiva, vale a dire, per far crescere il senso di responsabilità, del rispetto reciproco, della riconoscenza, dell’altruismo e della generosità.

Se in Freud il “malessere” può essere riportato prevalentemente alla “coercizione”, oggi il quadro che evidenzia disagio, difficoltà ed anche ritardi e/o blocchi dello sviluppo, è visto sotto un aspetto decisamente più complesso.
Silvia Ons fa un riferimento preciso al precetto “amerai il prossimo tuo come te stesso”, sottolineando la controversa relazione con le necessità pulsionali e con l’idea educativa che l’Altro merita una risposta d’amore.
La istintiva e primitiva dimensione pulsionali non viene oggi soffocata da imposizioni castranti, ma da “nuovi equilibri” etico-sociali che sono diventati il fondamento stesso della cultura, ma anche della difesa delle possibilità individuali e dei diritti personali intesi come “pari opportunità”.

Particolarmente importanti sono le osservazioni di Silvia Ons che, oltre a sottolineare un “cinismo post-moderno”, un “impasse etico” ed una “crisis de lo real” come caratteristiche problematiche della società d’oggi, mette in evidenza il “valor instrumental” della “maschera”.
Anche dalla nostra esperienza clinica possiamo desumere che i giovani tendono oggi, molto più che negli anni passati, ad utilizzare una sorta di mascheramento comportamentale per manipolare gli adulti, i genitori, gli insegnanti ed anche i propri compagni-amici-coetanei.
Questo atteggiamento che potremmo anche definire come cinico, serve loro spesso ad evitare situazioni critiche, ma soprattutto, per ottenere riconoscimenti poco “meritati” e vantaggi, oltre che per evitare rimproveri e castighi.
La moltiplicazione della “maschera” ha un significato altamente adattivo proprio perché permette di “modificare le regole identificatorie” e, quindi, di evitare situazioni critiche nascondendo le proprie e specifiche modalità comportamentali.
Questo è anche sottolineato dal predominio estetizzante del “mettersi in mostra”, dell’ottenere riconoscimenti estetici ed una attrazione a sfondo deduttivo ed anche vagamente erotico che, nel gruppo dei coetanei, risulta sempre più una necessità per non sentirsi emarginati, per considerarsi “In”, per potere “essere significativi” nel gruppo che spesso si trasforma in “branco”.
L’ipervalorizzazione dell’estetico, che significa uno spostamento sul corpo delle valenze significative dell’essere, rispecchia il declino dei grandi ideali illuministici (la cosiddetta “perdita dei valori”), il tentativo di una realizzazione mondana delle trascendenze dell’insegnamento religioso, lo svincolamento dallo priorità politiche che perdono, ogni giorno di più, senso e significato, lo sgretolamento della filosofia del diritto fondata sulla razionalità anche perché la globalizzazione ha portato a iperdimensionare la mercificazione dei principi che sono ormai secondari rispetto ai valori economici ed organizzativi.
L’impasse etico di cui parla Miller assimilandolo alla “crisis de lo real”, porta Guy Debord (“La sociedad del espectaculo”) a coinvolgere tutte le culture, tutti i movimenti, tutte le esperienze eterodosse. Ormai la società è uno spettacolo sul quale valgono gli slogan, i manifesti, le iscrizioni murali, i cartelli pubblicitari posti sulle grandi vie di comunicazione.
In questo modo, la contestazione giovanile diventa banale e conformista, ben lontana da un compromesso storico capace di dare senso alla vita e valore all’esistenza.
Forse si potrebbe trovare in questa “perdita di senso”, la giustificazione della crisi della società che si rispecchia nella situazione critica degli adolescenti che sperimentano sensi di angoscia (per lo più legati a frustrazioni), disagio esistenziale (mancanza di ideali e di modelli validi), difficoltà di auto-identificazione (sensi di estraneità) ed anche blocchi o ritardi dello sviluppo.
Questa situazione è presa come esempio di “malattia” e quindi come sintomo, ma la clinica dimostra che questi processi vanno riferiti a difficoltà identificatorie che si instaurano precocemente (a partire dai 3-4 anni) e sempre legate a problematiche nel rapporto interpersonale con i genitori e con un oggetto genitoriale dismorfico.
Ci si potrebbe riferire anche ad una situazione di vissuti contrapposti che portano i giovani a vivere relazioni interpersonali come espressioni di legami tra “facce di plastica” (Silvia Ons). Gli atteggiamenti ed i comportamenti eccessivamente liberi si scontrano con un sistema sociale opprimente. Anche nei filmati televisivi (di origine nord-americana) si registrano spesso i consigli delle assistenti sociali; “… se tu fai esattamente quello che io ti consiglio potrà aiutarti, altrimenti dovrai vedertela con la rigidità della legge”.
Alfredo Grande parla di “Ideale del Super-Io” per indicare una specie di atteggiamento libidico della legge (rappresentata dal Super-io).
L’espressione è perfettamente consona con il mettere sullo stesso piano:
Ideale dell’Io = espressione arcaica, istintiva, libidica dell’Io;
Ideale del Super-Io = espressione del piacere della legge, dell’Istituzione, dell’adulto che cercano il loro “godere” nel proprio imporsi (sembra di fare riemergere le valenze del “figlicidio” evidenziato alcuni decenni fa da Martin R. Raskovsky).
Da questo avrebbe ragione ancora Miller che mette in relazione il disagio con lo svilimento del Ideale che porta però il soggetto ad immettersi in un “discorso” a lui imposto ed anche poco accettabile se non attraverso una svalorizzazione o castrazione del Sé.In ultima analisi, questo meccanismo risulterebbe la causa non solo del disagio, ma anche di una rinuncia a crescere, a imporsi come soggetto, a superare il proprio ed autentico senso della vita.

lunedì 21 maggio 2007

adolescenza normale?

Adolescenza normale?

Mi viene posta una inquietante domanda: “possiamo parlare di adolescenza normale e di adolescenza patologica?

Credo sia un modo sbagliato per affrontare un tema complesso come è quello relativo ad una età dell’Uomo nella quale ci sono ancora molti passaggi dello sviluppo psico-affettivo e psico-cognitivo da compiere.
Parlare di patologia dell’adolescenza mi sembra di insistere troppo in atteggiamenti sanitare e terapeutici che portano ad una distorsione del problema. Nell’adolescenza troviamo problematiche irrisolte, ma questo succede non per colpa degli adolescenti, ma per molti motivi.
Dalla mia esperienza, potrei dire che spesso si sentono asseverazioni completamente erronee, che non sono per nulla sostenute da principi neuroscientifici ed anche sbagliate perché non sono sufficientemente diffuse le nuove conoscenze che riguardano i più nuovi studi sulla costruzione della mente, dell’intelligenza, della struttura dello sviluppo psico-affettivo, delle concezioni legate alla “timologia”: la scienza degli affetti.
Partendo da queste considerazioni, potremo affrontare diversi temi che non hanno nulla a che vedere con la sanitarizzazione dell’adolescenza, ma che, comunque, portano a notevoli sofferenze personali.
Potremmo parlare di:
- attacchi di panico;
- problemi di personalità e di borderline;
- relazioni con i genitori;
- masturbazione;
- tossicodipendenza;
- uso inappropriato di psicofarmaci;
- perché sognamo??
- ecc.ecc.Rimando alle prossime considerazioni per affrontare uno per uno questi problemi, ma resto anche in attesa delle domande e delle osservazioni che spero arriveranno copiose al blog.

giovedì 17 maggio 2007

Una società difficile, complessa e frustrante trova oggi seri problemi per porsi la questione della assoluta necessità di produrre un cambiamento profondo e radicale.
Le Istituzioni risultano incapaci di risolvere i problemi, anche quelli quotidiani, forse proprio perché sono fondate su basi ormai inadeguate e sorrette da personaggi che vedono nel cambiamento solo il modificare dei nomi a idee e visioni per il futuro che sono invece quelle di sempre: inaridite, superate, obsolete.

In momenti di crisi, si sviluppano anche situazioni di violenza che sembrano gratuite ed immotivate, ma, se ci guardiamo dentro con spirito positivo, scopriamo tutte le storture che ne sono la causa.

Oggi, c’è una speranza nuova ed è quella della volontà dei giovani a proporsi per diventare il centro dell’osservazione, ma, soprattutto, il “motore” capace di produrre i cambiamenti.
Si dice che la società attuale non ha più “valori”, ma nessuno si preoccupa di cedere tutte le cose che sono state fatte e quelle che ancora bisogna fare, con la certezza che dai giovani può venire la spinta vitale utile per tracciare nuovi cammini di convivenza.
Sono molti gli spiriti giovani che cominciano a vederci chiaro ed alla domanda “…sei felice?” rispondono con le parole di Tal Ben-Shadar: “So di essere più felice di dieci anni fa e spero che tra altri dieci lo sarò ancora di più”. “stare insieme significa agire insieme; farsi conoscere piuttosto che farsi approvare”.

Questa iniziativa vuole proporre un dialogo che si sviluppi in senso orizzontale e per questo continuerà a proporre quesiti, restando in attesa delle risposte di tutti coloro che credono che “partecipare è il fondamento per determinare un cambiamento”.